Long Ligerman Triathlon
Sei mesi di allenamento, centinaia di ore di corsa e di vasche in piscina, tempo sottratto alla famiglia, al lavoro ed al riposo, con un solo obiettivo: tagliare il traguardo in un tempo decente (e senza farmi) male del Long Ligerman Triathlon.
La più lunga gara cui mi sia mai iscritto: 2 km di nuoto nel lago di Santa Croce, 75 km di bici e 20 di corsa. Tempo massimo: sei ore.
Devo essere sincero: avevo più di qualche dubbio sulla mia capacità di arrivare alla fine della gara, la cui partenza era fissata per le 7 del mattino di domenica 4 agosto 2013.
Arrivo a Santa Croce sul Lago alle 21.00 di sabato, giusto per trovare la camera che condivideró con Enrico, ottimo ciclista della nostra Polisportiva Fossaltina.
Molto bello il B&B che ci ospita: una palazzina di fine ‘800, con splendida vista sul lago, ma la mia avventura agonistica non comincia affatto bene: a mezzanotte mi sto ancora rigirando nel letto e solo verso mattina riesco ad appisolarmi.
Mi sveglia Enrico alle 4 in punto: dobbiamo fare subito colazione, in modo da aver digerito prima di entrare in acqua: dopo un quarto d’ora mi avvento senza problemi sulla pastasciutta, seguita da una colazione vera e propria a base di caffé, burro e marmellata.
Alle 5:30 siamo pronti e portiamo le bici in zona cambio, dove ci aspetta una brutta notizia: l’acqua é a 24 gradi, per cui niente muta.
Porca miseria, io ci speravo: la muta agevola il galleggiamento e aiuta molto, senza contare che, per me, è una specie di coperta di Linus che mi infonde tranquillità e sicurezza.
Mentre comincia ad arrivare il grosso degli iscritti (siamo 250) decido di provare l’acqua.
Non é fredda, a paragone con l’aria esterna.
Appena esco inizio a tremare quasi convulsamente e fisso la cresta dei monti a est, aspettando con ansia che spunti il sole, confidando in un po’ di tepore.
Ma appena i primi raggi fanno capolino, suona la tromba del via.
Aspetto qualche secondo prima di buttarmi a nuoto, per evitare al solito la “tonnara”, ossia il vortice di braccia e gambe che, dopo due anni, continua a farmi paura.
Nonostante la partenza lenta, non riesco comunque a tenere il ritmo: il respiro mi si fa presto affannoso e devo passare di continuo a qualche bracciata a rana, per prendere fiato.
Comunque in 47 minuti ce la faccio, ma esco dall’acqua, tra gli ultimi.
Non importa: sono contento comunque ed entro in una zona cambio ormai deserta.
Con calma mi asciugo, metto le scarpe, il pettorale ed infilo anche un gilet impermeabile: sono zuppo di acqua ormai gelida e vorrei evitare un attacco di mal di pancia a metà percorso…
Inizio il primo dei cinque giri del lago in sella alla mia Wilier rossonera: una bella salita di tre km poco dopo il via, una discesona dove arrivo a 50 all’ora e poi tutto un saliscendi fino a Farra d’Alpago, dove c’é il controllo dei tempi.
Pedalo quasi sempre in solitaria, mangiando barrette e bevendo acqua e sali con regolaritá.
Tengo i 29 km/h di media, come da programma.
Dopo un po’ vengo superato da Alberto Casadei, che poi vincerà la gara, ed una manciata di altri ciclisti velocissimi, tutti col nome sul pettorale, portato sulla schiena come da regolamento durante il tratto in bici.
Niente di male se vengo doppiato da questi: sono i professionisti, penso.
Solo all’ultimo giro, quando sento la voce simpatica di un anziano ciclista impegnato nel giretto domenicale, che da dietro mi grida: “Ehi Alberto, sei stanco?”, mi rendo conto ch tutti abbiamo il nome sul pettorale…
Sorrido tra me e me mentre, dopo due ore e 34 minuti, riporto la bici in zona cambio (stavolta gremita di bici…) e, sempre con calma, cambio le scarpe e parto per i 20 km finali di corsa.
Sono quasi le 11 ed il caldo comincia a farsi sentire (finiremo abbondantemente sopra i 30 gradi), ma mi sento bene: parto piano per poi aumentare progressivamente, fino ad arrivare a 5:20 di media a km.
Il percorso, da ripetere quattro volte, é quasi tutto al sole, ma l’organizzazione é impeccabile: acqua, sali e persino coca colla ci vengono offerti con regolarità.
Supero parecchi concorrenti e non mi sento per niente male: chiuderó l’ultimo giro addirittura a 5:00 a km, segno che non ero affatto svuotato di energie ed avrei potuto tenere anche un ritmo più deciso.
Finalmente, dopo cinque ore di gara, imbocco il tratto finale.
Mi rendo conto che sto ridendo solo quando, a pochi metri dall’arrivo, sento dal pubblico qualcuno che mi applaude gridando: “Così si fa: si sorride fino alla fine! Questo è triathlon!”.
Taglio il traguardo in 5 ore e due minuti: stanco, zuppo dai capelli ai calzini ma decisamente soddisfatto.
Sono Ligerman.
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