Il triathlon: ovvero, come dare l’anima col sorriso sulle labbra
Sono le due del pomeriggio di una torrida domenica di settembre 2011.
Sto correndo, semidisidratato, sul lungomare di Sottomarina.
In lontananza sento l’eco delle premiazioni: gli altri hanno finito già da un po’ ed a me mancano ancora due giri…
Che mona che son, penso…
Ma cosa sto facendo?
Ieri sono ritornato da un week end in Romagna con la mia famiglia e mi sembra ancora di sentire la pasta al ragù della cena trastullarsi indecisa nello stomaco, come se stesse riflettendo se salire o scendere…
Certo che fare una gita di tre giorni nel cuore dell’Italia enogastronomica subito prima di una gara di Triathlon non è stata una bella idea.
Se poi pensiamo che era anche la mia PRIMA gara di Triathlon, preparata in poco più di un mese, c’è di che essere decisamente perplessi…
Ma la vacanza era programmata da tempo ed i miei impegni “sportivi” non possono assolutamente condizionare le scelte della famiglia!
Non mi taglio barba e capelli da primavera: una specie di scommessa con me stesso: avevo deciso di fare come i vichinghi, che non si radevano (e neppure si lavavano…) prima di aver consumato la vendetta.
E la mia “vendetta” sarebbe stata una gara di Triathlon.
E adesso, sempre più stravolto, col sole che picchia ed il respiro che brucia, sento ad ogni giro un simpatico chioggiotto che mi grida: “Tien duro, barba!”.
È sicuro: son decisamente mona…
Non facevo sport seriamente dall’età di sedici anni, quando un maledetto pomeriggio di dicembre, durante una partita di calcio, mi spappolarono il rene sinistro con una ginocchiata.
Da allora, basta calcio, basta pallacanestro.
”Solo nuoto”, disse a mia madre un medico frettoloso all’ospedale, il giorno che mi dimisero…
Così mi sono ridotto ad un’oretta di piscina a settimana e, durante l’estate, a qualche corsetta (un paio di chilometri alla volta…) in campagna o al mare.
Poi mi sono svegliato a 42 anni: un ottimo lavoro, una splendida famiglia e… il fiatone per superare la prima rampa di scale!
Un giorno, all’uscita dalla piscina, il bagnino, che è da sempre fonte inesauribile di saggezza, vedendomi affaticato mi disse ridacchiando sotto i baffoni: “Me raccomando, avocato: a quarant’anni o se tradisse la moglie o se fa la maratona!”.
Ecco: aveva indovinato. Avevo bisogno di una nuova sfida.
Lasciando perdere la prima opzione, ho pensato subito alla maratona.
Anzi, a qualcosa di più complicato: farò il Triathlon, mi sono detto subito!
Recupero una bici da corsa usata, compro un paio di scarpe (che mi sembrano) da running e, ovviamente, un libro che spieghi come si fa…
E adesso sono qua, dopo aver annaspato in mare per venti minuti, in quella che, nel mio roseo pronostico, avrebbe dovuto essere la frazione migliore e dopo aver arrancato quasi tre quarti d’ora in bici, sempre da solo, badando bene a non farmi travolgere, anche se ho superato Martina Dogana (beh, veramente lei stava facendo l’ultimo giro a piedi ed io ero ancora al secondo in bici…).
L’ultimo tratto a piedi è durissimo.
Controllo di non essere proprio l’ultimo e, per fortuna, c’è qualcuno preso peggio di me, in lontananza…
Alla fine… Taglio il traguardo!
Non c’è più nessuno, hanno già finito le premiazioni.
Spero sia rimasta almeno un po’ d’acqua…
Mentre torno, solo soletto, alla macchina, penso che sono contento.
Ce l’ho fatta!
L’ho finito. Ho finito una gara di Triathlon!
Un paio di giorni dopo guardo su Internet le foto della competizione.
Sono uscito diverse volte (forse, essendo da solo, ho facilitato il lavoro ai fotografi…).
Guardo con curiosità le foto: chissà come sono stravolto, penso…
E invece, sorrido.
In tutte le foto, sto sorridendo. Sempre!
Allora ho realizzato quanto mi sono divertito. Quasi senza rendermene conto.
Il Triathlon, per me, che corro per il gusto di farlo, senza grandi ambizioni di risultato, è divertimento e voglia di vivere.
È sempre e solo una gara non “contro”, come dice Murakami, ma “con” me stesso.
Con le mie paure, il mio fisico non più integro, i miei 44 anni.
Soprattutto, col mio ego, che teme ogni volta l’umiliazione del ritiro.
Ciò che conta, in ogni caso, è il sorriso: mi piace, mi diverto, mi sento vivo.
E allora nuoto, pedalo e corro, finché ho fiato.
E possa sempre il Sorriso correre al mio fianco!
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