Challenge Venice (note tecniche a margine)
Dopo il racconto “emozionale” della gara più impegnativa della mia vita, ecco un paio di “note tecniche” a margine, che potrebbero interessare qualche amico triatleta dilettante (ed un po’ in età…) come me.
Innanzitutto posso confermare un luogo comune, che ho constatato essere assolutamente vero e sacrosanto: una gara così non si improvvisa e neppure si prepara nei ritagli di tempo.
Per chiuderla in meno di dodici ore ho lavorato cinque mesi molto intensamente, arrivando a fare tre ore al giorno di allenamento e, nel week-end dedicato alla bici, quattro/cinque ore alla volta, seguite magari anche da una corsetta a piedi, così da provare lo sforzo combinato.
Il tutto avendo alle spalle un 2015 comunque impegnativo, con quattro maratone corse ed il mezzo Ironman di Pola del 20 settembre: sono quindi “partito” con la preparazione specifica già con le gambe ben preparate.
Ho fatto quasi tutto da solo, sempre cercando di non esagerare mai e seguendo delle tabelle “fai da me”, applicando però costantemente il principio della diversificazione dello sforzo, con allenamenti specifici a giorni alterni.
Per i bigiornalieri dell’ultimo periodo ho cercato di ridurre la corsa a sole tre uscite alla settimana, inserendo molta più bici, ovviamente trascurata durante l’inverno (anche se i rulli mi hanno aiutato tantissimo) e mantenendo i soliti due appuntamenti in piscina, che ho però prolungato, arrivando a tenere una media di 5 km a sessione, grazie anche alle indicazioni dell’intramontabile istruttore di nuoto Egidio Aliprandi, che ha sempre “sorvegliato” da lontano le mie bracciate troppo frequenti…
Ma l’allenamento non basta.
Ho infatti potuto constatare l’assoluta verità di quanto scrive il prof. Fulvio Massini, guru italiano della corsa, secondo il quale il risultato di una gara dipende da tre fattori: allenamento, alimentazione ed attitudine mentale.
Dell’allenamento ho detto e, come ho già confessato, sarà sicuramente il ricordo più forte che mi porterò dietro in eterno, forse anche più intenso della gara stessa.
Per l’alimentazione mi sono affidato ad una nutrizionista, la Dr.ssa Nadia Sorato, che mi ha dato indicazioni essenziali per farmi arrivare alla partenza con il serbatoio carico di energia e per cercare di mantenerne il più possibile durante la gara.
Pasti frequenti, controllo del peso e della massa corporea. E poi ricerca del giusto equilibrio tra carboidrati e proteine, della corretta idratazione (niente Gatorade o altri prodotti del genere: solo acqua, un pizzico di sale ed un po’ di succo all’albicocca), del “carico” nella settimana precedente al via.
Quella mattina, seguendo scrupolosamente le indicazioni della nutrizionista, mi sono alzato alle tre, così da poter mangiare un etto e mezzo di pasta col grana, un panino alla marmellata e, ad intervalli regolari, fruttini Zuegg e Pavesini fino a mezz’ora prima della partenza del nuoto (6:30).
Uscito dall’acqua ho subito bevuto mezzo litro d’acqua ed appena salito in bici ho iniziato a mangiare cibi solidi: ottimi biscotti alla marmellata e frutta secca in abbondanza, facile tra trasportare e gustosa al mio palato (cosa da non trascurare: bisogna mangiare di continuo ed è importante che quello che ti ficchi in bocca non inizi a fare schifo già dopo la prima ora…).
Ai ristori ho afferrato al volo due panini al prosciutto, le banane ed anche un paio di barrette.
Come da indicazioni, ho smesso di ingerire cibi solidi alla quarta ora di bici, tornando a fruttini Zuegg e Pavesini, che creano un buon mix di zuccheri e carboidrati e sono facili da digerire.
Sono potuto così partire con la corsa a piedi avendo lo stomaco leggero, ma con un buon serbatoio, non ancora “in riserva”.
Durante la maratona ho preso solo due gel, ma non ho lesinato acqua e sali, soprattutto nell’ultima ora, quando il caldo cominciava a farsi sentire.
Sono arrivato al traguardo senza particolari difficoltà, tenendo sempre il ritmo che mi ero prefissato e riuscendo così a gestire la gara con attenzione ed efficacia.
Il terzo elemento, come detto, è sicuramente l’attitudine mentale: chiamiamola motivazione, perseveranza oppure resilienza come dice Trabucchi, certo è che senza una grande concentrazione ed una strenua preparazione psicologica, non sarei andato da nessuna parte.
Controllo della tensione prima di entrare in acqua, così da evitare attacchi di ansia ed aumento incontrollato delle pulsazioni; contenimento dello sforzo durante la fase di bici, per non farsi prendere dall’entusiasmo e spingere più del dovuto; concentrazione massima e autocontrollo durante la maratona, la fase certamente più impegnativa sia fisicamente che da un punto di vista psicologico.
La forza di volontà non mi è mai venuta meno, anche grazie all’iniziativa Autismo S.O.S. che avevamo ideato assieme all’amico Achille Santin: ho “sfidato” cinque aziende, sensibili a questi temi sociali, a versare all’associazione un euro ciascuna per ogni chilometro che sari riuscito a percorrere durante la gara.
226 chilometri totali, per cinque aziende, fa un totale di 1.130,00 euro, che l’associazione Autismo S.O.S. impiegherà per i propri scopi assistenziali e di volontariato.
Una splendida avventura.
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